Ogni innovazione tecnologica porta con sé cambiamenti che possono rivelarsi al contempo sia negativi che positivi.
I maggiori cambiamenti in tal senso si sono avuti alla fine del XIX secolo, soprattutto con la rivoluzione industriale: ha nettamente modificato gli status sociali e produttivi, sia in bene che in male, e in particolare solo ora ci si rende realmente conto dell’impattato negativo sull’ambiente: in proporzione allo stesso lasso di tempo dei decenni precedenti le emissioni prodotte dall’uomo stanno causando il più veloce ed esteso riscaldamento globale mai registrato, sul 98% del Pianeta.
Non è quindi immediatamente prevedibile l’impatto che una determinato progresso tecnologico può avere all’interno di una società e del suo processo produttivo e relazionale, ma se più specificatamente si guarda all’ambito che più ci compete, quello creativo ed artistico, le cose cambiano. Questi sono infatti gli ambiti su cui più si sta discutendo di IA e su cui è nata la preoccupazione maggiore. Questo era già accaduto ai primi anni’90 del secolo scorso con l’evolversi delle risorse informatiche e digitali e la conseguente nascita di programmi come Adobe Photoshop, che costrinse i creativi a passare dall’analogico processo di progettazione, creazione ed impaginazione a quello digitale ben più pratico e veloce, pur utilizzando gli stessi strumenti di cui si era già pratici nel lavoro a mano. Ovviamente questo ha creato nuove professionalità, ma ha obbligato le vecchie ad interrogarsi sul da farsi.
Se si procede ancor più a ritroso nel tempo di ben due secoli si ha un esempio ancor più calzante ed adeguato.
Nel 1813 Joseph Nicéphore Niépce realizza la prima immagine diretta ottenuta dall’esposizione al sole di un foglio di carta sensibilizzato, probabilmente con cloruro d’argento. Quella prima immagine ritraeva un angolo della sua stanza e andò distrutta così come la seconda che realizzò, che vedeva il ritratto di Papa Pio VII. E’ giunta invece fino a noi la vista dalla finestra a Le Gras, realizzata nel 1826. E’ interessante notare come il tempo d’esposizione di 8 ore dia l’impressione che il sole illumini gli edifici sia da destra che da sinistra, ponendo già un primo dubbio sulla fedeltà dell’immagine reale colta con questa nuova tecnologia.
Naturalmente nulla nasce dal caso, e il lavoro di Niépce deve tanto alle sperimentazioni precedenti fatte da Thomas Wedgwood già alla fine del XVIII secolo, ma ad esser puntigliosi potremmo far risalire queste ricerche e sperimentazioni addirittura al IV secolo a.C.
La fotografia, così come la conosciamo, nascerà ufficialmente il 19 agosto 1839.
Nel 1840 il pittore Paul Delaroche, davanti alle prime fotografie, sentenziava “da oggi la pittura è morta”.
Mai affermazione fu meno profetica di questa: seppur estremamente osteggiata dal mondo accademico con la nascita della fotografia, la pittura (che non aveva più l’obbligo di ritrarre il reale) mutò e si evolse in linguaggi sempre più emotivi ed espressivi, creando veri e propri movimenti ed avanguardie artistiche: dall’impressionismo all’espressionismo fino ai nostrani futurismo e transavanguardia.
Allo stesso modo la prima espressione artistica riferita alla fotografia prendeva spunto dalla pittura, nel tentativo di elevare tale tecnica allo stesso livello di arte che non le era riconosciuta, e le prime sperimentazioni artistiche di questo nuovo mezzo rientrarono di conseguenza nella corrente che prese il nome di pittorialismo.
Tra i suoi esponenti più noti vi era anche Robert Demachy, che curiosamente, in un certo qual modo, può essere visto come l’antesignano delle sperimentazioni fotografiche che ora si realizzano facilmente con Photoshop.
L’evoluzione della tecnica fotografica portò nel 1885 all’invenzione della pellicola cinematografica ad opera di George Eastman, mentre la prima ripresa cinematografica è ritenuta essere ‘Man Walking Around a Corner’, cortometraggio di 3 secondi, realizzato il 18 agosto 1887 da Louis Aimé Augustin Le Prince.
La proiezione in sala di una pellicola stampata di fronte ad un pubblico pagante nasce invece il 28 dicembre 1895, grazie ad un’invenzione dei fratelli Louis e Auguste Lumière, i quali mostrarono per la prima volta, al pubblico del Salon indien du Grand Café del Boulevard de Capucines a Parigi, un apparecchio da loro brevettato, chiamato cinématographe. Tale apparecchio era in grado di proiettare su uno schermo bianco una sequenza di immagini distinte, impresse su una pellicola stampata con un processo fotografico, in modo da creare l’effetto del movimento.
Nasce così il cinema, figlio della fotografia e nipote della pittura.
Oggi non siamo in grado di immaginare una realtà senza filmati e fotografie, e anzi: con l’avvento dei social network mai come ora si ha una così massiva esposizione a questi rispettivi media, seppur già nel 1978 nel suo saggio ‘Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società’ Susan Sontag facesse notare che fossimo già globalmente bombardati da immagini come mai prima di allora.
Tornando quindi a questa nuovo balzo tecnologico segnato dalle Intelligenze Artificiali, nell’ultimo anno abbiamo avuto modo di analizzare la presunta problematica dialogando con svariati artisti tramite i format ‘Atelier’ e ‘Vernissage’, presenti su Youtube e collegati al Premio, sfruttando tra l’altro proprio quelle potenzialità date da quegli stessi nuovi media di cui abbiamo analizzato brevemente la storia.
La problematica si è rivelata appunto presunta così come era accaduto in passato: è indubbiamente un problema per tutto il mondo dei creativi, che così come accadde con il più relativamente recente avvento di Photoshop dovettero reinventare il proprio mestiere fatto di produttività e scadenze, e come allora in questo specifico caso si tratta di un complemento al proprio lavoro che permetterà (e già permette) di creare più velocemente rispetto a prima, essendo alla fine un ulteriore mezzo e non il mezzo. La stessa Adobe ha creato anche Lightroom, specificatamente rivolto ai fotografi e che permette di sviluppare i propri negativi digitali con gli stessi mezzi di che si possono avere in una camera oscura.
In tutto questo c’è comunque da tener conto del recente AI Act, nato per primo in Europa, che tende a prevenire tutti quelli che potrebbero essere gli abusi in ambito produttivo, sociale e sperimentale dell’uso improprio di una qualsiasi AI.
Nell’ambito artistico, molto diverso da quello creativo per indole e finalità, la questione non si pone in alcun modo.
Ciò che definisce ogni singolo artista è l’innata esigenza di esprimersi tramite una o più discipline artistiche, e sono le discipline stesse il mezzo per mostrarsi e comunicare al mondo. Ma questa intimità, questo sentire, questa stessa consapevolezza del tutto personale non possono essere sostituiti, sublimati o copiati da alcuna realtà o intelligenza digitale e anzi: questi stessi nuovi mezzi possono semmai essere un ulteriore tramite per esprimere sé stessi; un espressione di sé che non è possibile replicare in alcun modo: una profonda esigenza emotiva (e quindi fisica) di imprimere nel tempo presente quello che si è, condividendolo con chiunque e tramandarlo all’eternità.
Una AI non sostituisce né impedisce ad una danzatrice di danzare, ad un pittore di dipingere, ad un fotografo di fotografare, ad uno scrittore di scrivere, ad un cantante di cantare, ad un performer di esibirsi. Una AI non sopperisce in alcun modo all’emotività personale, e nel momento stesso in cui divenisse senziente e sentisse mai una tale necessità sarebbe giusto che la esprimesse anche creando arte, poiché sarebbe pienamente un individuo cosciente di sé, e ancor più in questo caso non sostituirebbe alcun altro individuo dell’ambiente artistico: ne diverrebbe semplicemente parte.
Questa consapevolezza maturata dialogando con diversi artisti nel corso del 2022/23 ci ha portati direttamente al tema dell’attuale edizione del Premio Nazionale di Fotografia e Pittura ‘B. Cascella’, nella sua LXVIII edizione.
Nel 2012 conoscemmo Philippe Daverio durante il festival di Internazionale che si tiene ogni anno a Ferrara. In quell’occasione rispose ad una fin troppo lunga e pretenziosa domanda di un artista (o meglio: un artista affermato che era stato venduto come tale qualche decennio prima), che sfruttò il momento considerato da lui propizio più per narcisismo piuttosto che domandare alcunché di realmente interessante e costruttivo.
La risposta di Philippe si sviluppò in una concreta considerazione della situazione dell’arte e degli artisti di quel preciso momento storico, approfondimento ancora del tutto attuale. Ma la frase con cui aprì le sue argomentazioni fu questa:
“Io sono fautore della repressione degli artisti.
Perché non c’è nessun motivo di far l’artista. Non è come il panettiere, il gommista, il benzinaio; l’oncologo o chirurgo che fan si che io sia qui a parlarvi, sennò ero già sotto terra. Questi son essenziali; gli artisti no!
Gli artisti sono Frammenti di Coscienza che riescono a sopravvivere se hanno la grinta del samurai”.
Seguì un roboante applauso un assordante silenzio nato da quell’improvvisa consapevolezza, e d’improvviso un fischio di approvazione squarciò quella quiete tramutando il silenzio in roboante e prolungato applauso; fischio lanciato da Andrea Amaducci, che era accanto a me e che solo in quel momento si rese conto di essere un Frammento di Coscienza, e io con lui, come molti altri presenti nel pubblico e che risposero a quell’ondata emotiva incapaci di smettere di applaudire.
L’avvento delle IA sembra aver amplificato e permesso di distinguere ancor meglio gli artisti dai Frammenti di Coscienza. L’esigenza espressiva dei Frammenti non ha alcun bisogno che la propria espressione divenga speculativa, né ne è lo scopo primario; semmai spesso ne è una diretta conseguenza. Lo scopo è comunicare, condividere, comprendere ed evolvere verso quel che ancora non si sa di essere, in eterno, consapevoli di non poter avere altra scelta. “La scelta più difficile, ma che mi permette di essere autentica” come la definì Elisa Zadi durante una nostra chiacchierata nel format Vernissage.
Per queste motivazioni il tema dell’edizione 2024 è proprio ‘Frammenti di Coscienza’ (deadline al 31/8), e sarà quindi dedicato a tutti coloro che hanno un’esigenza emotiva di esprimere sé stessi tramite fotografia e/o pittura, senza alcun timore di sorta e condividendo con chiunque la propria visione ed intimità.
Alessandro Passerini
Art Director Premio Basilio Cascella
https://premiocascella.art
Approfondimento:
Vernissage con Elisa Zadi: https://youtu.be/_GJsmrKjiUU
P. Daverio “Frammenti di Cosicenza”: https://youtu.be/r81lBzlAO9E